La deportazione

 

Alcuni volontari toscani nella guerra civile spagnola vissero, dopo l’esperienza in terra iberica, anche la deportazione nella Germania di Hitler. Il numero totale di reduci transitati dai campi di concentramento tedeschi è dodici a cui va, probabilmente, aggiunto Giuseppe Batistini di cui sappiamo solamente che, dopo essere stato internato a Gurs, nel 1942 si trovava in Germania. Dieci di questi avevano in precedenza “alloggiato” nei campi di internamento francesi. In quattro vi trovarono la morte.
Gino Dei e Carlo Anchise arrivarono a Dachau direttamente dal Vernet. I due facevano, infatti, parte dei 403 internati del campo francese che al momento dell’evacuazione vennero spostati a Tolosa il 30 giugno 1944, fatti salire sul famigerato “treno fantasma” e trasportati in Germania con un lungo e durissimo viaggio che ebbe inizio il 3 luglio.1 Dei e Carli non riuscirono a fuggire dal treno, come invece riuscì a fare in modo parecchio avventuroso Francesco Fausto Nitti,2 e arrivarono, quindi, a destinazione. Carli riuscì a sopravvivere fino alla liberazione del campo avvenuta il 29 aprile 1945. Dei, viceversa, morì il 27 aprile, solo due giorni prima dell’arrivo degli americani. Il percorso dall’internamento francese direttamente al concentramento fu anche il destino di Renato Bertolini che, l’8 settembre 1943, venne deportato dai nazisti dal Forte del Replat a Buchenwald. Qui fu membro fino al 1945 del comitato clandestino del campo, di cui preparò e diresse la liberazione. Probabilmente un percorso analogo fece Italo Ragni che venne prelevato dai nazisti dal campo di Gurs e deportato a Mauthausen, dove trovò la morte il 6 maggio 1941.
Altri reduci dalla Spagna furono, invece, deportati nei campi di concentramento dopo essere stati catturati in Italia, dove nel frattempo erano tornati per continuare la loro lotta al fascismo nelle fila della Resistenza. E’ questo ad esempio il caso di Vittorio Bardini che venne arrestato il 18 febbraio 1944 dai nazisti, incarcerato a San Vittore e dirottato, via Fossoli, a Mauthausen. Membro del comitato italiano di liberazione del campo, guidò i connazionali nell’avventuroso ritorno in Italia alla fine della guerra. Come Bardini, anche Ottorino Orlandini venne arrestato durante un’operazione antipartigiana; l’intenzione era di deportarlo dal carcere fiorentino in cui era imprigionato in Germania passando per Fossoli. Orlandini riuscì, tuttavia, come Nitti, a beffare i tedeschi sfruttando, come lui stesso scrisse nelle sue memorie, il ricordo di un’esperienza simile vissuta in Spagna. Questo il suo ricordo della vicenda: «Fu così che la mattina del 23 giugno 1944, mentre si udiva in lontananza il rombo dei cannoni, fui caricato con altri su un camion e trasportato in un campo di lavoro presso Prato. Pensai subito che, per una vecchia volpe come me, fuggire da un campo di lavoro sarebbe stato uno scherzo. Non mi ero sbagliato. […] Ci eravamo appena seduti su delle sudice panche quando si udì il rumore di un apparecchio tedesco in picchiata e il sibilo di una bomba. Poi fu un fuggi-fuggi verso la porta. Io rimasi seduto deciso a mangiare la minestra pensando che gli inglesi avrebbero bombardato la ferrovia distante da lì almeno cinquecento metri. Guardai la finestra della baracca facilissima da scavalcare e vidi che era vuota, mentre gli internati si accalcavano alla porta. Non fu per furberia, fu per istinto, che saltai la finestra, fu per istinto che vidi i soldati tedeschi in un fossato e che ne approfittai mentre le bombe scoppiavano con fragore infernale poco lontano. Corsi a perdifiato per i campi […] Davanti a me, a pochi metri, un campo di granoturco rappresentava la libertà. […] Ricordai quando, anni prima, in Spagna, l’arrivo di altri aerei mi aveva salvato, un campo allora… un campo ora… […] Era la libertà, quella vera, perché orami ero di nuovo sicuro di me, perché ormai avevo tutta la notte davanti per fuggire e gli americani vicini. […] E fu così che fumai in quella notte di S. Giovanni la prima sigaretta da uomo libero.»3 Non ebbe la stessa fortuna Umberto Raspi che, arrestato a Genova per delazione, venne deportato dai tedeschi a Dachau e, successivamente, a Buchenwald dove venne fucilato il 4 aprile 1945.
Renato Balestri venne, invece, catturato dai nazisti mentre militava nella Resistenza in Francia. I tedeschi infatti lo arrestarono ad Agen e lo deportarono a Buchenwald. Successivamente Baalestri fu imprigionato anche a Dora, Arsungen e Bergen Belsen, prima di fare ritorno in Francia alla fine della guerra.
Ancora differente,rispetto agli altri reduci, è il percorso di Vittorio Marcucci che venne prelevato dai nazisti a Ventotene, dove era stato internato, e deportato a Buchenwald. Qui morì pochi giorni prima della liberazione.
Degli altri ex internati le fonti a nostra disposizione di permettono di sapere che deportati e improgionati in Germania, ma non in che occasione fosse avvenuta la lor cattura. E’ questo il caso di Pietro Aureli, deportato in Germania in data imprecisata e trattenuto fino al 1944; Elivio Prosperi, deportato a Buchenwald nel 1944 e rimpatriato dopo la liberazione; Silvio Sardi, deportato nel campo di Kiel e rimpatriato anche lui nel 1944.
Infine abbiamo Egidio Fossi. Su questo volontario le fonti non appaiono al momento concordi, per cui non possiamo affermare con certezza se sia stato imprigionato in un campo nazista. Secondo alcune, sarebbe stato catturato dai tedeschi e deportato in Germania a Sunderlager Hinnzert-Hunscruck (Mosel), prima di essere trasferito a Renicci Anghiari.

 

(Francesco Cecchetti)

 

Note

  1. Cfr. Charles et Henry Farreny Del Bosque, L’affaire Reconquista de España. 1942-1944. Résistance espagnole dans le Sud-Ouest, Edition Espagne au Cœur, Merignac, Aprile 2010, pp. 175-177; Fondation pour la Mémoire de la Déportation, Livre Mémorial des déportés de France arrêtés par mesure de répression, Édition Tirésias, juin 2004 (http://www.bddm.org).
  2. Cfr. Francesco Fausto Nitti, Chevaux 8 Hommes 70. Le train fantôme, 3 juillet 1944, Mare Nostrum, Perpignan, 2004.
  3. Cfr. Memorie di Ottorino Orlandini, Archivio Istituto Storico della Resistenza di Firenze, Cap. La paura, Serie autobiografie, Busta 6, fascicolo 3.