Note di metodo e fonti (secondo progetto)

 

La bibliografia


Nei campi
Nel caso del primo dei due nuclei tematici affrontati nel corso del progetto di ricerca – ovvero in merito alla questione dei campi di concentramento/internamento della Francia –, la quasi totale assenza di letteratura italiana ha costretto al ricorso costante e quasi esclusivo a testi francesi, anch’essi del resto poco numerosi e limitati a un momento storiografico abbastanza recente (in merito alla complessa problematica del silenzio francese su questi temi si rimanda per un approfondimento alle interessanti considerazioni contenute nell’introduzione al testo di Progreso Marin, Exil del 2005).
Nella ricostruzione dello stato dell’arte si è cominciato, quindi, da opere di grande respiro come quella di Denis Peschanski, Les camps de la France (2002), e di Renè Grando, Jacques Queralt e Xavier Febrès, Les camps du mépris (2004), che hanno fornito il quadro di riferimento generale e alcune prime suggestioni; da questo saldo punto di partenza si è proseguito nell’approfondimento del bagaglio di testi utili per le singole tematiche. La bibliografia di riferimento si è così arricchita di monografie specifiche dedicate alla Retirada spagnola e alle vicende dei campi delle spiagge del Roussillon: si è preferito concentrarsi su testi più recenti, come quelli di Serge Barba (2009) e di Jean Claude Pruja (2003), senza tuttavia tralasciare pubblicazioni importanti come il volume di Geneviève Dreyfus-Armand ed Emile Temime Les Camps sur la plage (1995) o i saggi di Anne Grynberg e Anne Charaudeau, Les camps d’internement, e di Javier Rubio, La politique française d’accueil: les camps d’internement, contenuti nel volume di Pierre Milza e Denis Peschanski sull’emigrazione italiana in Francia (1994).
Nella comprensione del sistema dei campi francesi sono state molto importanti anche alcune monografie dedicate ai singoli luoghi di reclusione: quella di Pierre Cros per Saint Cyprien (2001), i testi di Claude Laharie per Gurs (1993, 2005, 2007) e il lavoro di Grégory Tuban su Collioure (2003); le recentissime pubblicazioni apparse sul campo di Rivesaltes (ad esempio, il testo pubblicato nel 2008 da Joel Mettay), invece, sono state prese in considerazione più che altro in quanto espressione di un rinnovato interesse degli storici francesi per queste tematiche, finora trascurate.
Al contrario, assenze significative vanno evidenziate per quanto riguarda il campo di Vernet, sui cui è stato possibile reperire soltanto un piccolo estratto a opera di uno studioso locale, Claude Del Pla (Le camp du Vernet d’Ariège, in Les camps du Sud-Ouest, s.d.), e in merito ai campi dell’Africa del nord, sulle cui vicende esistono a oggi pochissimi lavori di ricerca (per lo stato dell’arte si veda il recente volume collettaneo, Sables d’éxil. Les républicains espagnols dans les camps d’internement au Maghreb del 2009).
Un piacevole e inaspettato arricchimento è derivato da due testi dedicati alla produzione artistica dei rifugiati, un aspetto particolare ma molto interessante della vita nei campi: il primo, Écrits d’exil: Barraca et Desde el Rosellón di Jean Claude Villegas (2007) è dedicato alla breve esperienza delle due riviste omonime pubblicate nel campo di Argelès durante il 1939, mentre il secondo, di Claude Laharie, affronta, per il periodo dal 1939 al 1944, le vicende “artistiche” del campo di Gurs (Gurs, l’art derrière les barbelés, 2007).
Un discorso a parte, infine, merita la memorialistica sul tema, che ha permesso di ricostruire con ricchezza di particolari l’esperienza globale dell’internamento nel suo significato più intimo, ma anche nella sua realtà più oggettiva: alle opere delle personalità di spicco come Arthur Koestler, Max Aub e Francesco Fausto Nitti si sono affiancate infatti alcune testimonianze meno note, ma non meno significative, come quelle di Manuel Andùjar (Saint Cyprien, plage…, 2003) e Francisco Pons (Barbelés à Argelès et autour d’autres camps, 1993), rispettivamente per i campi di Saint Cyprien e Argelès; importante per la sua unicità è anche la ricostruzione delle vicende di un gruppo di circa cinquecento italiani fornita da Aldo Morandi nel suo In nome della libertà (2002), mentre una toccante testimonianza dell’esperienza vissuta nel campo di Vernet è contenuta nelle memorie di Umberto Tommasini, curate da Claudio Venza (Umberto Tommasini. L’anarchico triestino, 1984).
Per quanto riguarda l’Italia, in effetti, fatte salve queste rare eccezioni, ci si è dovuti confrontare con un vero e proprio vuoto storiografico sul tema, sia nell’ambito della memorialistica sia in quello dell’analisi storica: l’unico testo dal taglio interpretativo rintracciato è stato, infatti, il volume di Pietro Ramella, La Retirada (2003), che, però, in qualche modo, è risultato ascrivibile più che altro alla storiografia francese, nel senso che il discorso a cui si rifà e in cui interviene è avulso dal contesto italiano e fa riferimento, invece, alle contemporanee pubblicazioni di area francofona. Ancora di Ramella, si ritiene anche utile segnalare il recentissimo volume dal taglio biografico Francesco Fausto Nitti. L’uomo che beffò Hitler e Mussolini (2010), nel quale, in relazione al percorso nei campi di Nitti, si affrontano le medesime tematiche.
Per una corretta comprensione della bibliografia di riferimento qui proposta, è comunque necessario evidenziare, seppur brevemente, alcune problematicità messe in evidenza dagli studi francesi:

  • in primo luogo, a fronte della carenza di dati certi nel numero degli internati, si assiste in sostanza a elaborati balletti delle cifre; ogni autore tenta infatti di fornire il dato numerico definitivo per un singolo campo o nell’insieme, ma la difformità di impostazione delle differenti analisi (in parte derivata direttamente dalle fonti utilizzate) rende molto difficili i confronti e suggerisce estrema cautela nelle stime quantitative;
  • in secondo luogo, la terminologia impiegata pone essa stessa un problema di fondo: in effetti, il dibattito sulla definizione corretta per i campi francesi, incoraggiato nel 2006 dalla pubblicazione del testo di Denis Peschansky La France des camps, sembra mettere a diretto confronto la storiografia con la memoria, contrapponendo al termine scientifico “internamento”, finalizzato a evitare la confusione terminologica con i campi nazisti e basato sulla categoria giuridica particolare dell’internamento amministrativo, il lemma “concentramento” che, nella memorialistica e nelle pubblicazioni curate dalle associazioni dei reduci (come, ad esempio, l’Amicale des Anciens Internés politiques et résistans du Camp du Vernet d’Ariège o l’Amicale des anciens guerrilleros espagnols en France - FFI), viene impiegato al fine di rispettare il ricordo che «si è definitivamente depositato nella memoria collettiva del campo repubblicano spagnolo» (Barba, 2009). A differenza di quanto argomentato dai due schieramenti, in ogni caso, entrambe le voci sono filologicamente derivate dai documenti dell’amministrazione francese del tempo: nel 1939, il Ministro dell’Interno francese, Albert Sarrault, in persona dichiarava che il campo di Argelès non sarebbe stato un luogo penitenziario, ma “soltanto” un campo di concentramento; in seguito, però, la terminologia generica impiegata dal governo di Vichy per indicare i luoghi di reclusione per gli “indesidérables” varierà da campi di “internamento” a campi “d’accoglienza” o di “hebérgement”…
  • una controversia similare, infine, è legata anche all’impiego del catalano “Retirada” per designare il momento storico, e allo stesso tempo l’insieme dei luoghi fisici, dell’esodo dei repubblicani spagnoli attraverso la frontiera francese; il termine ha finito per imporsi sulla parola “esodo”, utilizzata da chi vuole correttamente rimarcare, oltre ai resti dell’armata repubblicana in fuga, la presenza di una maggioranza di civili (fra cui donne, bambini, feriti e anziani).

Resistenze
Completamente ribaltata è invece la situazione per il secondo nucleo tematico della ricerca – ovvero l’impegno successivo, nelle Resistenze francese e italiana, tra il 1940 e il 1945 – : in questo caso, infatti, la vastità della bibliografia italiana ha costretto a una selezione drastica, finalizzata a individuare esclusivamente i testi in cui fossero citati i volontari antifascisti toscani e grossetani. Ci si è sforzati in questo modo non tanto di contribuire sul piano storiografico più alto allo studio del periodo resistenziale europeo, quanto di fornire un contributo esemplificativo sul piano locale, che ci è apparso di una certa utilità pur nella dimensione ridotta.
Ci si è quindi giovati di due testi importanti come il Dizionario biografico degli anarchici italiani (2 voll., 2003 e 2004) e Il movimento operaio. Dizionario biografico (1979) per ampliare le biografie dei volontari per il periodo successivo alla guerra civile e si è attinto abbondantemente alle pubblicazioni locali della rete degli Istituti della Resistenza in Italia e, soprattutto, in Toscana per ciò che concerne la partecipazione dei reduci di Spagna delle diverse province alla Resistenza italiana ed europea;
in questa paziente ricognizione, inoltre, anche la memorialistica ha giocato un ruolo determinante, pur costringendo allo spoglio di moltissime pubblicazioni poi risultate inadatte ai fini che ci si erano proposti.
Nella bibliografia così costruita (e disposta in ordine cronologico) sono quindi compresi più di quaranta testi contenenti riferimenti e informazioni sui volontari toscani. Si tratta dei volumi che è stato possibile rintracciare nel corso della ricerca, ma siamo consapevoli che molti altri ne restano da individuare (e che ulteriori contributi si aggiungeranno) e speriamo che nel corso del tempo sia possibile annettere altri tasselli a questo primo tentativo di raccolta.

 

Le fonti archivistiche

Le fonti consultate consistono essenzialmente nella parte attinente alla ricerca dell’immenso patrimonio documentario conservato negli archivi francesi, i centrali, a Parigi, e i periferici, delle regioni di riferimento dei campi.


Archivi centrali
- presso gli Archives Nationales di Parigi, è stato preso in considerazione l’enorme fondo del Ministère de l’Intèrieur, ma solo per ciò che concerne la sottoserie Police Générale, nella quale sono state cercate le carte relative all’organizzazione generale dei campi e al progressivo sovrapporsi di norme e disposizioni, attraverso il mutare degli organismi statali, dalla Francia democratica fino al regime di Vichy. Di particolare interesse anche i carteggi centro-periferia. Tra i documenti più significativi recuperati, il “dossier Nitti”.
- presso il Mémorial de la Shoàh di Parigi sono state reperite carte e immagini fotografiche sui campi in cui sono stati internati anche ebrei


Archivi periferici
- presso gli archivi dipartimentali, invece, si è visionato tutto il materiale concernente gli internati italiani e, nel caso dei fascicoli personali, sono stati esaminati e riprodotti digitalmente tutti i documenti relativi ai toscani. Nello specifico dei singoli campi, si è fatto riferimento agli Archives Départementales des Pyrénées Orientales a Perpignan (ADPO) per la documentazione di Argelès, Saint Cyprien, Barcarès e Rivesaltes, mentre per il campo del Vernet il luogo di riferimento è stato l’Archive Départementale de l’Ariège a Foix (ADEA).
- un discorso a parte merita il caso del campo di Gurs, il cui archivio è conservato presso gli Archives Départementales des Pyrénées Atlantiques a Pau (ADPA): la documentazione del campo antecedente al settembre 1940 è stata, però, completamente distrutta nel giugno 1940 per sottrarla all’arrivo di una commissione d’ispezione tedesca; di conseguenza, dato che la permanenza dei volontari toscani nel campo non si prolunga se non in rari casi oltre questo momento, l’economia dei tempi della ricerca ha suggerito di rimandare in questa fase lo spoglio del rimanente materiale. Di aiuto, per verificare i dubbi sui toscani presenti nel campo di Gurs, ci è comunque stata una busta dell’ADPO contenente una lista nominativa di prigionieri del campo di Saint Cyprien trasferiti a Gurs e, per il dopo, gli elenchi dei trasferimenti di internati da Gurs al Vernet contenute in ADEA.

 

Le carte contenute negli archivi dipartimentali di Perpignan e Foix, in effetti, hanno completamente assorbito l’interesse dei ricercatori e questo sia per la mole della documentazione presente, sia per l’originalità del materiale che, per quanto riguarda i prigionieri italiani, sembra sia sfuggito completamente, finora, agli studiosi del nostro paese.
E’ necessario, però, evidenziarne la disomogeneità:

  • presso l’ADPO, per lo più nel fondo del Cabinet du Prefet, è stato possibile visionare moltissime buste di carattere generale, contenenti i rapporti regolari del capo del campo e del prefetto, o la storia sintetica della costruzione dei singoli campi, o ancora i regolamenti interni sulla vita degli internati; una documentazione vastissima (tutta disponibile al pubblico sotto forma di microfilm), ma che non aiuta nel nostro tentativo di ricostruire le singole vicende personali del gruppo dei toscani.
    Per quanto riguarda la ricerca nominativa degli internati, infatti, la situazione degli archivi dei camps de la plage conservati a Perpignan è molto più complessa, come si può facilmente immaginare riflettendo sul contesto caotico dei primi mesi del 1939: l’enorme afflusso iniziale dalla frontiera e i frequenti trasferimenti da un campo all’altro hanno, infatti, impedito nelle prime fasi una qualsiasi forma di schedatura degli effettivi dei singoli campi; per Saint Cyprien e Barcarès, ad esempio, esistono per il 1939-1940 i dossier personali esclusivamente degli evasi, mentre solo a partire dal 1941 si hanno liste nominative complessive o per nazionalità, e veri e propri registri degli ingressi e delle uscite dal campo.
    Per la stessa ragione, quindi, è risultato maggiormente dettagliato il casellario del campo di Rivesaltes (insieme, a sorpresa, a quello dell’ospedale Saint Louis di Perpignan), organizzato dal 1941 con logiche amministrative diverse, ma utile purtroppo soltanto per i pochissimi toscani che vi sono transitati.
    Nel caso di Argelès, infine, l’unico fichier del campo disponibile presso l’ADPO risale all’aprile 1940: tale casellario ha la particolarità di essere stato realizzato utilizzando come base, anche fisica, uno schedario del settembre-ottobre 1939 non conservatosi (in sostanza, i fichier del 1939 e del 1940 sono confusi, perché quello del 1940 è stato realizzato incorporando alcune schede del 1939 e utilizzando il retro di altre – ben 24.000 secondo le informazioni forniteci – come base per le nuove); in ogni caso, riporta esclusivamente informazioni biografiche essenziali (talvolta solo data e luogo di nascita, in rari casi anche la data di entrata e di uscita nel campo).
  • presso l’ADEA, al contrario, la situazione delle fonti appare invertita: poche sono le buste che fanno riferimento alla situazione generale del campo e agli italiani che vi sono rinchiusi (alcuni notevoli documenti sono stati però reperiti in merito all’attività politica degli internati), mentre la gran parte del materiale visionato è raggruppata nei dossiers individuels dei vari prigionieri transitati dal campo.
    Per i toscani, si tratta di 49 corposi fascicoli, in cui è raccolta tutta la documentazione francese disponibile per ogni singolo internato, dall’ingresso nel campo al momento del rimpatrio o del trasferimento: immancabilmente, per ogni fascicolo, è presente una scheda biografica dettagliata con la fotografia del prigioniero e un foglio riassuntivo, che ne ricostruisce nel dettaglio la vita, fornendo informazioni in particolar modo sulle vicende francesi delle biografie (data di arrivo in Francia, luoghi di residenza, professione, attività politica, espulsioni, ecc…) e sul percorso interno al sistema dei campi.
    Oltre a questa incredibile miniera di informazioni (cui si accede tramite lo schedario alfabetico originale), l’archivio del campo comprende anche un secondo casellario non databile, le cui schede segnaletiche riportano i nomi di almeno altri cinquanta toscani, insieme con informazioni di base come la data e il luogo di nascita, l’ultima residenza registrata (o la provenienza da altri campi, talvolta con la data del trasporto), il quartiere e il numero della baracca assegnata al Vernet.

Infine, anche per quanto riguarda l’ambito di ricerca circoscritto alla Resistenza toscana, è stata visionata una fonte ufficiale, ovvero la documentazione della Commissione provinciale di Firenze per il riconoscimento dell’attività partigiana, presente in copia nell’Archivio dell’Anpi di Grosseto, depositato presso l’ISGREC: si tratta di tre buste contenenti elenchi che riportano, per ogni nominativo, la formazione di appartenenza, il grado e il periodo di attività nella Resistenza toscana.

 

Criteri e note per una critica delle fonti

Senza voler qui riaffrontare analiticamente le considerazioni svolte per il primo progetto, occorre ribadire però il permanere di alcune delle medesime criticità:

  • per ciò che concerne l’inserimento dei nuovi volontari individuati (si è arrivati a un totale di 395 toscani), si è mantenuta la suddivisione fra volontari combattenti e non combattenti, cioè coloro che hanno avuto ruoli di assistenza e collaborazione attiva pur non essendo inquadrati nelle formazioni militari;
  • sempre nel caso dei nuovi volontari, si è rispettato l’ampio criterio geografico di appartenza precedentemente scelto (sono stati inclusi sia i nati in Toscani, sia coloro che sono nati in altre regioni ma che sono partiti con certezza dalla Toscana, sia infine i volontari antifascisti di origini familiari toscane);
  • l’attenzione alla tipologia delle fonti che abbiamo applicato agli archivi di polizia italiani è stata mantenuta costante anche nel trattamento degli archivi francesi (per considerazioni di metodo più dettagliate si rimanda ai saggi contenuti in “Voci di compagni”. Schede di questura. Considerazioni sull’uso delle fonti orali e delle fonti di polizia per la storia dell’anarchismo, 2002).
Ad esempio, va evidenziato come, nel caso delle dichiarazioni rese dagli arrestati al momento dell’ingresso al Vernet, spesso la partecipazione alla guerra di Spagna venga omessa o negata nel tentativo di non compromettere la propria posizione.

A queste considerazioni se ne aggiungono poi di nuove, relative a tutta la serie di problematiche che ci si è trovati ad affrontare nella gestione degli archivi francesi visionati:

  • discrepanze, duplicazioni o grafia scorretta dei nomi, trascrizioni imprecise di date e luoghi di nascita o residenza sono chiaramente all’ordine del giorno per gli archivi dei campi: all’arrivo, l’interrogatorio si svolge infatti in francese, e alla scarsa comprensione reciproca si aggiunge il fatto che le località o i nomi propri sono trascritti a orecchio sulla base della pronuncia italiana;
  • come già evidenziato, negli archivi dei camps de la plage la difficoltà dell’individuazione dei nominativi ha lasciato molti dubbi sulla presenza dei volontari toscani e non ha permesso di chiarire definitivamente alcuni percorsi: in alcuni casi mancano le date di ingresso e di uscita dai campi, in altri in dubbio è proprio la sequenza dei trasferimenti da un campo all’altro; spesso, quindi, a integrare le biografie è stata più che altro la scheda del campo del Vernet, che riporta tutto il percorso precedente all’arrivo del prigioniero e la sua destinazione al momento dell’uscita dal campo;
  • talvolta, il volontario è stato individuato attraverso il nome di battaglia e questa eventualità lascia alcune speranze sul possibile reperimento di ulteriori schede nominative, via via che, con l’approfondimento delle biografie, si venga a conoscenza dei soprannomi di altri toscani;
  • ancora una volta, quindi, la scrittura digitale ci viene in soccorso, permettendo l’aggiornamento dei dati in funzione di una conoscenza progressivamente più sicura con l’avanzare dello spoglio delle fonti (solo a titolo di esempio, una pubblicazione arrivata in biblioteca negli ultimi giorni cita due nuovi volontari nella guerra civile spagnola provenienti dalla provincia di Carrara su i quali, però, all’ultimo momento, non è stato possibile realizzare alcuna ricerca; in casi come questo, la possibilità di aggiornare via via i dati ci permetterà di non lasciare fuori definitivamente i due antifranchisti rimasti esclusi dal database (uno, Alberto Meschi, è anche una personalità di spicco nell’antifascismo carrarese degli anni Venti, mentre l’altro, Renato Macchiarini, appare, dalle prime ricerche effettuate, una figura di rilievo nella Resistenza apuana, deceduto in una missione di collegamento ad Altopascio)
  • un problema irrisolto si è manifestato relativamente ai documenti della Commissione regionale della Toscana per i riconoscimenti partigiani: si si è trovati di fronte a contraddizioni con dati, reperiti in altre fonti, giudicate di sicura attendibilità; poiché fino a questo momento è stato possibile visionare solo le risultanze della Commissione, contenenti dati anagrafici, zone di operazioni militari e ruoli, ma non la documentazione di accompagnamento alle richieste, si è ritenuto di sospenderne l’utilizzo, fino a quando non sarà possibile prendere in esame i fascicoli personali completi.

Una riflessione conclusiva, infine, va dedicata al problema delle fonti informatiche. La nostra stessa scelta di una presentazione online della ricerca ci ha posto, infatti, in uno spirito di maggiore recettività verso la miniera di informazioni reperibile nei diversi siti internet. In realtà, però, la gestione di questi dati ha evidenziato la carenza di una metodologia efficace per la critica di tale tipo di fonti e costretto spesso all’esclusione di molte di esse: mentre per quanto concerne siti attendibili come quello della Fondation pour la Mémoire de la Déportation o della Ellis Island Foundation, che esplicitano le loro fonti, si è tranquillamente proceduto all’inserimento delle informazioni, in altri casi ci si è trovati talvolta di fronte a biografie dettagliatissime di nostri volontari realizzate da siti di origine sconosciuta e di conseguenza non utilizzabili (ad esempio, nel caso del fiorentino Guido Brogelli, per il quale esiste una biografia completa su un blog inattivo da almeno due anni, o con la bella nota biografica su Gino Bibbi realizzata per Anarcopedia da un utente sconosciuto).

 

Rimane ancora, in questa seconda fase, resa più complessa dai caratteri della letteratura esistente, l’immagine, già offerta nel 2008, di una ricerca aperta, suscettibile di correzioni e di aggiunte, che potranno giungere anche dai navigatori, dopo dalla pubblicazione del sito.